Direttiva dell’UE sul salario minimo: cosa prevede e quale è la posizione dei partiti?
In seguito alle preoccupazioni europee degli ultimi anni, quali la sicurezza energetica, l’uguaglianza di genere, l’adeguatezza dei salari e molti altri, in autunno gli eurodeputati dovrebbero finalmente approvare una serie di leggi volte a tutelare questi temi importanti.
In questo articolo cercheremo di approfondire il tema del salario minimo in Italia, chiarificando quali saranno le principali conseguenze per i lavoratori italiani e le posizioni dei partiti, in vista delle elezioni.
Con l’approvazione della Direttiva Europea sul salario minimo del 12 luglio 2022, l’UE invita gli stati membri ad approvare leggi nazionali a tutela del lavoratore.
Tuttavia, tale provvedimento non prevede alcun obbligo da parte dei Paesi Europei, ma si limita a delineare dei criteri per definire i minimi salariali. Lo scopo è quello di fissare un minimo salariale equo, in grado di garantire ai lavoratori uno stile di vita adeguato.
L’obiettivo dunque è quello di eliminare le disuguaglianze salariali e ridurre il più possibile il numero di contratti precari.
Cosa è il salario minimo?
Nei paesi dell’Unione Europea, esistono due tipologie di salario minimo:
- Salario minimo legale: previsto a livello nazionale tramite leggi specifiche.
- Salario minimo definito dai contratti collettivi: ovvero contratti stipulati tra sindacati e datore di lavoro.
Ad oggi, tutti i Paesi dell’Unione Europea con l’eccezione di 6 Stati membri, hanno già introdotto il salario minimo legale. Tra questi 6 Stati fanno parte Italia, Danimarca, Finlandia, Svezia, Cipro e Austria.
Facendo riferimento ai 21 Paesi Europei che ad oggi prevedono il minimo legale, l’ammontare mensile varia drasticamente da paese a paese. Infatti, come mostrato nel grafico di seguito, tenendo conto delle statistiche pubblicate da Eurostat, la Bulgaria è il Paese che prevede un minimo salariale più basso, mentre il Lussemburgo quello più elevato.
Come viene definito il salario minimo legale?
Al fine di definire un minimo salariale, i Paesi Europei devono tenere conto del costo della vita, del potere d’acquisto, del PIL e dell’andamento dell’economia del Paese. In seguito, tali parametri devono essere periodicamente monitorati, in modo da effettuare delle modifiche in caso la situazione cambiasse drasticamente.
Quali sono le conseguenze?
Quale è la situazione in Italia?
Fino ad oggi, in Italia il salario minimo non è mai stato tutelato da una legge nazionale, bensì dalla contrattazione collettiva. Con contratti collettivi, si intendono veri e propri contratti stipulati tra le parti interessate. Sanciscono accordi indipendenti con cui vengono stabiliti specifici condizioni e parametri i quali devono essere rispettati da entrambe le parti.
Tuttavia tali contratti non sono obbligatori e spesso non possono essere applicati. Per cui molti lavoratori, non essendo tutelati, sono in condizioni salariali disastrose.
Elezioni: Cosa ne pensano i partiti?
Come ben sappiamo, le prossime elezioni sono alle porte e come ci immaginavamo, i partiti politici hanno idee distinte sul tema dei salari minimi. Vediamo di seguito che posizioni prendono i leader dei partiti:
Posizione dei principali Partiti Politici:
- Partito Democratico→ Sono a favore del salario minimo e ad una riduzione del cuneo fiscale
- Movimento 5 Stelle → Anche il M5S è a favore, definendo un minimo di 9 € l’ora.
- Lega → Si oppongono all’introduzione del salario minimo nazionale, affermando che senza una riduzione della tassazione sul lavoro, la situazione non cambierebbe.
- Forza Italia e Fratelli d’Italia → Entrambi i partiti sono contro l’introduzione dei salari minimi. La loro visione è quella di garantire incentivi alle aziende per aumentare i posti di lavoro.
- Azione e Italia Viva → Entrambi i partiti sono a favore del salario minimo, ma propongono che la soglia minima venga stabilita da una commissione di esperti.
Questa non è la prima volta che in Italia si cerca di introdurre una tutela salariale per i lavoratori, infatti con la legge del 10 Dicembre del 2014 (Jobs Act) era prevista l’introduzione di un compenso orario minimo. Tuttavia questa legge non è mai stata introdotta.